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la via percorsa il conforto di veder ben presto cangiate le tristi condizioni di quelle località mediante la pronta attuazione dei grandi mezzi di civiltà e di benessere che sono appunto le vie ferrate e le strade nazionali.
Ritiratosi dal potere insieme al barone Ricasoli, il Peruzzi fu il capo di quella possente opposizione di destra che contribuì sommamente dopo il fatto d’Aspromonte a rovesciare il ministero Rattazzi. Additato da tutti i veggenti a suo successore, egli fece parte del gabinetto che ebbe prima a presidente del consiglio il commendatore Farini, e a cui capo indi fu inalzato il commendatore Minghetti. Il Peruzzi ebbe quel portafogli che insieme all’altro delle finanze erano i più difficili ed importanti a reggersi: intendiamo dire, quello degli affari interni.
Se noi potessimo allargare il quadro che è riserbato ormai a questo nostro lavoro, ben volontieri analizzeremmo l’opera avviata e in parte compiuta dal Peruzzi nel riorganamento della grandiosa amministrazione del nuovo Regno. Noi diremmo quante e quali difficoltà egli avesse a superare, quanti ostacoli di ogni sorta ad abbattere, onde arrivare, con passo securo, alla grandiosa meta ch’ei s’era prefisso. Ma siccome noi faremmo allora piuttosto opera di cronisti che di storici, atteso che narreremmo avvenimenti troppo recenti, perchè il giudizio sopra di essi, tanto nostro che altrui, potesse dirsi a sufficienza equo e maturo, così ci restringeremo ad asserire che l’Italia deve esser grata al Peruzzi della presentazione di leggi savie, o di modificazioni utili e necessarie ad altre leggi presentate dai suoi antecessori, tali quali l’abolizione dei tribunali del contenzioso amministrativo, il riorganamento, secondo le più recenti dottrine del tempo, del comune e della provincia, l’effettuamento della legge che ordinava la formazione dei cento battaglioni di guardia nazionale mobilizzata, ed altre tali misure proficue al ben essere e al savio ordinamento dello Stato.
Il Peruzzi durante tutto il tempo in cui ha conservato il portafogli dell’interno, possentemente e abilmente coadjuvato dal suo, più che segretario generale, amico