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così sembra che si attribuisca al Genero quello di mostrarsi soverchiamente vano di sedere nella Camera elettiva a rappresentante della nazione. Nè fin qui il male sarebbe troppo grande, che l’è una vanità quella, della quale, pur troppo, moltissimi vanno affetti, tanto che si adoperano colle mani e coi piedi onde ottenere il suffragio degli elettori, per poi assistere ben di rado, una volta conseguito l’intento, alle sedute della Camera, e più di rado ancora a quelle degli uffici. Ma ciò che si rimprovera al Genero si è di ricorrere, onde conseguire di essere eletto, a dei mezzi di corruzione, tanto più biasimevoli in Italia, quanto fortunatamente n’è più raro l’esempio. Invero l’elezione fatta dal collegio di Giaveno nella persona del Genero suscitò una vera tempesta di reclami e di proteste che si produssero nella Camera, e non solo sospesero la validazione dell’elezione stessa, ma promossero su di essa un’inchiesta giudiziaria. Quest’inchiesta riuscì favorevole al Genero; tuttavia non si può dire ch’egli sia stato lavato da essa d’ogni e qualunque macchia, ma giova sperare che la lezione sia stata efficace tanto per esso, quanto per chiunque altro fosse tentato di seguire il suo esempio.

Il Genero non parla mai, nè prende altrimenti parte ai lavori degli uffici; il che evidentemente non prova in di lui favore, mentre il posto che egli ha pur così agognato di occupare, potrebbe molto più utilmente essere da altri occupato.





È uno dei più ragguardevoli cittadini, che la Toscana abbia inviato a sedere nel Parlamento nazionale. Professore di diritto all’università di Siena, le sue lezioni sono state seguite con molta attenzione dalla studiosa gioventù; autore di molti scritti in cui si rivela l’acume di un ingegno veramente superiore, e che rivestono