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Dopo la morte del conte di Cavour, il Lanza si è messo, con tutta quella schiettezza che ognuno gli riconosce, a sostenere il gabinetto presieduto dal barone Ricasoli. Caduto questo, egli ha combattuto il ministero Rattazzi, suo antico avversario, ed all’avvenimento del gabinetto presieduto per breve tempo dal Farini, si è mostrato disposto ad appoggiarlo. Ma sono venute poi le quistioni finanziarie, le quali disgraziatamente hanno gettato il pomo di discordia tra i membri dello stesso partito, che si è diviso in più campi. Niuno può contestare i talenti economici del Lanza, niuno mette in dubbio il provato di lui patriotismo, pure ci duole d’esprimere il dubbio che in questa contesa egli sia per avventura dalla parte del torto. Noi non vogliamo certo entrar qui a trattare la quistione, ma non sappiamo trattenerci dal deplorare che il Lanza siasi per questa ed in questa dovuto avvicinare a taluno de’ suoi colleghi, coi quali egli si trova, a sua gran lode, in perfetto disaccordo in tutte le altre quistioni, tanto politiche che amministrative.

Il Lanza è uno dei più benemeriti deputati della Camera: niuno può superarlo in diligenza nell’assistere alle riunioni degli ufficî, niuno è come esso membro di ogni più importante commissione cui incomba l’obbligo d’esaminare i progetti i più gravi e rilevanti finanziari ed economici.

La parola del Lanza è pronta, chiara e concisa, quale si addice ad uomo che parla non per vezzo di farsi udire a sciorinar frasi più o meno peregrine, ma che discorre utilmente e praticamente intorno a faccende utili e pratiche.

Il generale La Marmora avendo dal re avuta missione di comporre un gabinetto, dietro il ritiro del ministero Minghetti-Peruzzi, ha chiamato a sè il commendatore Lanza per affidargli uno dei più importanti portafogli: e a quest’oggetto pregava il Lanza di accettar quello delle finanze. Ma questi ha giustamente fatto osservare come gli fosse impossibile di assumere la direzione del dipartimento finanziario, mal convenendo a lui, che si era mostrato contrario al piano del Minghetti, di farsi in certa guisa esecutore di esso.