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molte risorse, quindi è che non ci fa troppo più maraviglia che il bella siasi indotto a torlo a proprio segretario generale al ministero delle finanze; sebbene ci sorprende assai da l’un canto, il Sella stesso aver creduto conveniente che l’oppositore a oltranza del sistema finanziario del Minghetti, valesse a farne resultare quei frutti che il Minghetti se ne riprometteva, e che il Saracco negava dovessero derivarne; dall’altra che il Saracco abbia stimato opportuno di accettare un’eredità cui avrebbe ad ognuno sembrato egli dovesse respingere anche col beneficio dell’inventario.





Generale a più di un titolo distinto, egli si è più particolarmente segnalato come abilissimo amministratore, tanto che gli si ebbe affidata per molto tempo la direzione dell’intendenza dell’armata intiera.

Il barone Bettino Ricasoli, volle valersi della sua abilità per metterlo a capo del ministero della guerra, di cui gli consegnò il portafogli. Niuno può contestare al generale Della Rovere la saggezza e la previdenza colle quali ha saputo in tale circostanza, adempire agli obblighi dell’incarico assunto. Il generale non credeva potersi fare la fusione dell’esercito meridionale, con quelli del regolare, senza produrre una perturbazione, la quale avrebbe potuto cagionare, secondo lui, i più deplorevoli risultati. La fermezza colla quale egli si oppose adunque a quel progetto di fusione, gli valse moltissime avversioni dalla parte dei così detti garibaldini, e di coloro che ne sostenevano gl’interessi.

Il generale Della Rovere cadde insieme col ministero Ricasoli; ma tornò ad assumere di nuovo il portafogli della guerra quando venne al potere il gabinetto presieduto dal commendatore Farini.