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sia indispensabile d’aver vestita fin dalle fasce onde non cada giù dalle spalle.

Tornato nel patrio paese così travestito il Gallenga non potè persuadere a nessuno dagl’italiani ch’ei non fosse italiano, quindi le sue buttate britanniche non presero. Egli sembrò adontarsene e crebbe la dose delle stranezze, senza che perciò riuscisse a farle meglio inghiottire dai suoi concittadini. — Quindi è che malgrado ch’ei sia dotato d’un certo ingegno che ha qualche punto luminoso, dovette rassegnarsi a fare nella Camera e fuori una parte che non era di certo quella ch’ei pretendeva rappresentare.

Noi non parleremo dei suoi antecedenti più o meno storici, nè sappiamo spiegare che ne abbia parlato esso se non collo spingere l’excentricity al di là d’ogni misura. — Noi penderemmo a credere piuttosto che quello sia un conte fait à plaisir per singolarizzarsi in modo indicibile e ad ogni costo; ammenochè non si voglia ammettere (e in questo caso non vorremmo fino a un certo punto dargli torto) ch’egli abbia scelto quel tenore di rivelazione pubblica a titolo di espiazione solenne.

Resta poi a vedere come si possa pensare a mettersi nella vita pubblica con tal soma di falli sugli omeri, che sarebbe bastante per ischiacciare l’uomo il più gagliardo del mondo.

Comunque siasi il Gallenga si è fatto riammettere alla Camera non solo, ma lungi dal tenervisi cheto, si è dato tanto moto e vi si è diportato in guise sì strane che gli occhi del mondo politico si sono rivolti su di lui, più di quello che ad esso non dovesse convenire.

Ed egli un bel giorno si è di nuovo dipartito d’Italia, è rientrato in Inghilterra e di là ha inviata la sua dimissione da deputato, perchè ha detto, non gli era concesso per sue occupazioni tornare tra noi assai di frequente per assistere colla dovuta diligenza ai lavori della Camera.