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lì a pochi giorni il ministero della mediazione e dell’opportunità doveva cedere, a comporre un nuovo gabinetto, con a capo Vincenzo Gioberti, egli era chiamato dei primi.

Il ministero così detto democratico ebbe due diversi periodi, I’ uno sotto la presidenza di Gioberti, l’altro sotto l’ispirazione e la guida di Rattazzi.

Son note abbastanza le cagioni per cui l’insigne autore del Primato dovette cedere il seggio. Dopo la fuga ignominiosa di Leopoldo II, veggendo infuriare in Toscana la repubblica mal voluta dalla popolazione, egli sognò che il Piemonte, usando generosamente dell’egemonia che gli avevano procacciata e la maggior forza delle armi, e l’iniziativa presa nella guerra dell’indipendenza, potesse e dovesse ristorarvi la monarchia costituzionale. Dispose pertanto una spedizione, non badando, nella nobiltà del suo concetto, che la effettuazione di essa, anche quando fosse stata acconsentita di cuore dal granduca (il che non era), avrebbe provocato il peggiore de’ malanni, la guerra civile, sparpagliava le nostre forze militari proprio nel momento in cui era maggior necessità l’ordinarle e farle compatte sul minacciato Ticino, e, mentre dava un pretesto all’Austria di romper la guerra, ci poneva nella condizione di non poterla sostenere.

Quando questo disegno, già preparalo e maturato, venne dal Gioberti sottoposto al consiglio dei ministri, Rattazzi era assente. Egli però non l’approvava, come non l’approvavano gli altri suoi colleghi e la grandissima maggioranza del Parlamento. Ma per lasciare alla corona la piena libertà di scelta fra i due partilt, egli rassegnò le dimissioni, contemporaneamente a Gioberti. Carlo Alberto accettò quelle dell’illustre filosofo ed incaricò Rattazzi della ricomposizione del gabinetto, del quale perciò egli cominciò allora ad avere tutta la responsabilità.

E come questo gabinetto di lì a poche settimane dalla forza stessa delle cose fu portato a disdire l’armistizio e a romper la guerra, così a lui principalmente si volle dar carico dell’inopportunità di essa, e quasi anche della stessa catastrofe di Novara.