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Sotto queste impressioni la stessa maggioranza ministeriale era tratta a votare un ordine del giorno il quale dichiarava, che il governo «sul rifiuto delle proposizioni fatte all’Austria, afferrerà con franchezza ed energia il momento opportuno di rompere la guerra».
Questa risoluzione era per sè già abbastanza significativa. Pur tuttavia non soddisfaceva ancora l’aspettazione pubblica, ed era adottata dalla debole maggioranza di 77 voti contro 58.
Il ministero Perrone allora sentì che doveva ritirarsi. Successe il ministero Gioberti-Rattazzi, il quale significava guerra pronta. Esso interrogò il paese con elezioni generali, ed il paese rispose inviando alla Camera dei deputati una maggioranza che con più di quattro quinti di voti, all’indirizzo in risposta al discorso della Corona, così esprimevasi:
«Rincorati dall’energico voto della nazione, la quale non può durare più oltre nella fatale incertezza, i deputati del popolo vi confortano, o Sire, a rompere gl’indugi e a bandire la guerra. Sì, guerra e pronta. Noi confidiamo nelle nostre armi; nelle armi sole e nel nostro diritto abbiamo fiducia!» In tale stato di cose vegga ogni uomo onesto e spassionato se qualunque ministero, qualunque nome portasse, avesse ancora libertà di scelta. Il gabinetto Rattazzi non fece, intimando la guerra, che obbedire al voto di tutti, ad una necessità indeclinabile, ad una vera fatalità, e chi si sente animo da avvisare che si potesse fare altrimenti, che in altra guisa si potesse salvare l’onore di questo nostro Piemonte, della sua bandiera, della sua dinastia, scagli pel primo la pietra.
All’armistizio di Novara, come ognuno ricorda, tennero dietro i moti di Genova e l’occupazione d’Alessandria per parte degli Austriaci; due falli gravissimi che scoraggiando l’uno la monarchia, l’altro il popolo, potevano trarre a conseguenze funeste e irreparabili.
In Europa l’opinione pubblica non era più per noi, e se l’Austria, fatta ardita dalla sua troppo facil vittoria, non osava spingersi oltre Valenza ed Alessandria, è solo perchè altre potenze avevano interesse proprio