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a non lasciarla avanzare. Era quello un momento spaventoso, in cui, sebbene già si conoscesse il carattere lealissimo del nuovo principe ch’era succeduto a Carlo Alberto, parevano pur tuttavia non infondali i timori di vedere, con Delaunay a capo del governo, pericolare le nostre libertà interne.

In tale stato di cose era debito dei liberali avveduti di raccogliere in sè, e di avvisare a lutti i mezzi che fossero i più acconci a far nascere e raffermare la confidenza reciproca tra popolo e sovrano e la confidenza dell’uno e dell’altro nella causa della libertà. Era spediente mantenere saldi tutti i principi su cui questa si fonda, ma procedere ad un tempo con cautela e riservatezza. Era necessario non disdire il programma della nazionalità; ma sapere insieme trarre dalla disfatta toccata momentaneamente le più efficaci lezioni di prudenza.

È ispirandosi a questi sentimenti che Rattazzi, accordatosi co’ suoi principali amici politici, si staccava allora dalla sinistra e costituiva quel partito parlamentare che, sotto il nome di centro sinistro, piccolo per numero ma saldamente disciplinato ed autorevole per uomini rispettabili, dovea poi esercitare tanta influenza nella camera subalpina. Il programma di questo partito compariva alla luce nell’Opinione del 5 dicembre 1849. Diceva esso come i principi della sinistra fossero pur sempre i suoi; ma che tutti i veri principi non possono sempre ottenere un’immediata applicazione, che tutti i tempi non arridono favorevolmente ai propositi anche più utili e generosi, che la politica conta sopratutto nella scienza dell’opportunità e che le aspirazioni più elevate e più liberali non escludono che si accetti e si ajuti ogni passo che si faccia nella via d’un perfezionamento graduato.

I partiti estremi, come dovevasi prevedere, sursero a censurare e ad irridere il centro sinistro. La sinistra pure lo trattava da transfuga; la destra, e particolarmente la parte di essa che, anche non affatto avversa alla libertà, credeva ritrovare la salvezza del Piemonte in un gretto municipalismo, la diceva una mano di dottrinari, di sognatori, d’ambiziosi. I fatti