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timidi consigli d’Azeglio e di Galvagno, si risolse a fare un passo ardito, quello di staccarsi apertamente dalla destra, di associarsi al centro sinistro e di costituire così sopra altre basi una maggioranza parlamentare più liberale che meglio rispondesse ai voti del paese.

Nella memorabile seduta del 4 febbrajo 1852 l’onorevole Menabrea si assunse di render più facile e più opportuno questo cómpito. Egli, che allora era la lancia spezzata della destra, con un audace discorso che rivelava tutte le speranze e tutte le aspirazioni della parte ultra-conservatrice, uscì fuora a perorare per la necessità d’una riforma radicale della legge sulla stampa, soggiungendo esser venuto il tempo di saltare il fosso.

A fronte di questa dichiarazione, il distacco del ministero dalla destra diveniva ancor più significativo.

Nella medesima seduta parlava contro la legge Deforesta Urbano Rattazzi; ma con quella finezza di modi e quella parola insinuante, che gli sono peculiari, offriva al ministero l’appoggio del proprio partito. All’indomani il conte di Cavour affrettavasi ad accettare francamente l’offerta.

«Sarei colpevole d’ingratitudine, diceva egli, se non riconoscessi che l’oratore, il quale seppe jeri tenere più desta l’attenzione della camera, adoperò le armi più cortesi per togliere ogni amarezza alla sua opposizione. Mi senio inoltre in obbligo di ringraziarlo della dichiarazione che volle premettere al suo discorso, colla quale, in vista delle gravi circostanze in cui versa il paese, promise d’accordare il suo appoggio nella prossima sessione al ministero; promessa di cui prendo volontieri atto; promessa che pregio altamente, perchè se le circostanze consentiranno che l’onorevole oratore lo mandi ad effetto, potremo riprometterci che nella nuova sessioue egli adoprerà nel sostenere il ministero qualche parte di quel grande ingegno che finora adoperò nel combatterlo, onde possiamo acquistar la fiducia di vedere appianata la via nella carriera parlamentare.»

E perchè questa dichiarazione, che onorava tanto