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«Il consigliere Quintino Sella conviene con Ara nell’idea che il governo abbia agito poco convenientemente nel modo e nelle vie tenute nel far conoscere al pubblico l’esistenza e le condizioni del Trattato.

«Quanto alle voci, di cui ha fatto cenno il consigliere Chiaves, egli se ne spiega l’origine dacchè, mentre tutti lamentano il malcontento che nascerebbe in queste popolazioni pel trasporto della capitale in altra città fuora di Roma, alcuni paventano che questo malcontento giunga a segno da rendere possibile la separazione di parte del Piemonte dal rimanente d’Italia. Ma se egli capisce voci di questa fatta in piazza e nei primi momenti di bollore, non potrebbe udirle in un con sesso, come il Consiglio comunale, senza dichiararle in pericolo e una assurdità.

«Pericolo è, a di lui senso, dare occasione a dire che secondo il Consiglio comunale l’adozione del trattato equivale alla cessione in parte del Piemonte. Assurdo poi, secondo lui, il pensare che l’assetto d’Europa non debba progredire secondo la nazionalità ed i confini naturali, o l’immaginare che i negoziatori di questo trattato non abbiano capito che i Francesi a Torino vorrebbero dire gli Austriaci a Bologna».

Questi sono nobili e patriottici detti, dei quali si deve tanto più saper grado al Sella, ove si rifletta in qual circostanza, e in qual luogo li profferisse.

La costituzione del gabinetto La Marmora restituì il portafogli delle finanze al rappresentante di Cossato. Ed invero egli era il solo uomo di Stato al quale quel portafogli potesse dalle mani del Minghetti passare.

Il discorso con cui, appena riaperte le Camere, egli ha proposta l’adozione di varie energiche misure per venire in aiuto alle finanze, ha prodotta una profonda sensazione, che a taluno è potuta sembrare perfino incresciosa, tanto esso è schietto, esplicito, è diremmo imperativo. Quanto più il Mingheiti era stato sempre per indole sua propenso a dipingere le cose con lieti colori, altrettanto il Sella si crede in obbligo di dissipare le illusioni, non solo, ma ili esagerare quasi in senso pessimista.

Noi non lo sappiamo rimproverare per ciò, e siamo