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E tanto meno noi siamo disposti a menar buona al generale quella insinuazione, quanto più approviamo altamente la condotta di quei ministri, che, invitati officiosamente dal re ad offrire le loro dimissioni, vi si rifiutarono, e pregarono Sua Maestà a volerli d’officio avvertire di cedere i portafogli.

Prova di dignità, questa, di coraggio civile e di rispetto alle istituzioni costituzionali di cui tutti gli onesti sapranno buon grado a quel gabinetto, ora, è molto più ancora nei tempi avvenire, in cui a riconoscere la grandezza e la saviezza degli atti dell’epoca nostra non si opporrà spirito di parte o di esagerato amor proprio.

Avevamo già scritte queste linee e stavamo per inviarle alla stampa quando è comparso un documento importantissimo, emanato dai membri del cessato gabinetto ora presenti a Torino, gli onorevoli Minghetti, Peruzzi, Pisanelli e Visconti-Venosta, che contiene appunto una risposta delle più categoriche alla lettera del generale Della Rocca.

Questa risposta a noi pare opportuno di riprodurre in tutta la sua integrità perchè ci sembra di natura a gettare la luce la più vivida su avvenimenti che preme assai, vengono posti il più che si può in chiaro, e a sdebitare in maniera irrecusabile gli uomini di Stato, che avevano in quelle difficili circostanze in mano le redini del governo, dalla taccia, così spesso e cosi gratuitamente loro lanciata addosso di questi giorni, d’incapacità e d’imprevidenza.

«Ai Deputati al Parlamento Nazionale»

«Osservazioni e documenti intorno alla lettera del 13 corrente di S. E. il generale Della Rocca, senatore del regno, sui fatti del 21 e 22 settembre 1864.

«Signori Deputati,

In una lettera indirizzata agli onorevoli suoi colleghi del Senato, S. E. il generale Della Rocca si è proposto di schiarire un grave punto di fatto, che nella relazione della commissione d’inchiesta parlamentare sugli avvenimenti del 21 e 22 settembre 1864 risul-