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ciliani s’indusse ad accettare il posto elevato di sindaco, mediante il quale era in grado di rendere più utili servigi alla terra nativa.

Poco dopo succedeva il celebre moto rivoluzionario, con cui la Sicilia rompeva l’insopportabile giogo borbonico, e il Salvo Fazio veniva acclamato a presidente del comitato rivoluzionario ed eletto quindi ad unanimità deputato rappresentante la città di Barcellona in seno alla Camera dei comuni di Sicilia.

Nel 1849 allorquando la reazione potè rialzare la testa, e che le numerose schiere borboniche rioccuparono l’isola, il Salvo Fazio dovette rifugiarsi a Malta, ove si trattenne fino al momento in cui Ferdinando II ebbe proclamata un’amnistia che si volea far credere all’Europa fosse delle più generali e complete.

I ripetuti spergiuri dell’ordinatore dei massacri del 15 maggio avrebbero dovuto aprire gli occhi ai più fidenti, ma sventuratamente così non avvenne e molti furono vittima anche una volta delle false promesse del Borbone.

In questo numero appunto si trovò il Fazio, il quale non appena ebbe sbarcato in Catania, che si seppe ricercato attivamente dalla polizia, la quale arrestatolo, lo tenne in carcere fino al momento in cui gli fu possibile salpare di nuovo per la terra straniera.

Questa volta egli rimase lungamente in esiglio, fintantochè la di lui famiglia, che non potea sopportarne più a lungo la lontananza, e che lo sapeva assai pericolosamente malato, si risolvette a fare vivissime istanze presso il governo, onde ottenerne il rimpatrio.

Avvenuto questo, e mentre il Salvo Fazio godeva degli abbraciamenti dei suoi cari, e si sentiva inesprimibilmente commosso nel rivedere quei luoghi nei quali egli era nato e cresciuto, e che la crudele lontananza gli aveva resi mille volte ancora più grati, gli agenti d’un dominatore sleale quanto oppressivo presero a tormentare in novello modo il Fazio, col volerlo indurre a ritrattare il voto di decadenza della dinastia borbonica da esso dato nella solenne seduta della Camera dei Comuni.