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del Piemonte si era potuto fare la grand’opera del l’unificazione e del risorgimento d’Italia.

D’altra parte voi avete detto che le altre provincie d’Italia erano sventuratamente cadute così giù nella loro vita politica da riconoscere in esse quasi l’impotenza di sorgere spontaneamente alla nuova vita.

Ciò posto, aggiungeva il conte Sclopis, come dunque dite che non si può il resto della grande opera com piere tutto dal Piemonte?

«Signori, io sento un certo imbarazzo alla risposta perchè credo che la risposta stia nella domanda .

«Evidentemente l’onorevole conte Sclopis riferiva tutto questo appunto alla questione del trasporto della capitale, ma ad ogni modo che cosa vuole che io gli risponda. Non è colpa di nessuno se a certi eminentissime qualità non corrispondono tutte le altre. Che meraviglia che vi sieno qualità grandissime e che pure non sieno pareggiate dalle altre? D’altra parte perchè si ha a dire che quelle contrade, le quali hanno mancato di forza propria per sollevarsi abbiano perciò perduto tutta l’intelligenza, esperienza, e tradizioni per ricostituirsi quando siano risorte?

«Perchè deve andare a queste conseguenze sì estreme?

«Mi permetta adunque che io lo dica che siccome le prerogative dell’uno si possono ben coordinare colle prerogative dell’altre, e siccome in questa grande impresa nazionale tutti i valori debbono essere computati, tutte le forze debbono entrare in azione, io conchiudo che da tutto questo non nasce la contraddizione ch’egli diceva di vedere nelle mie parole, ma anzi nasce accordo ed armonia.

«Io non vado più oltre, o signori, perchè questa disputa della capitale, non mi pare che possa essere agitata più di quello ch’è stata agitata, nè potrei aggiungere una parola di più a quelle che sono state dette.

«Mi permetta dunque lasciare questo argomento e ritornare al mio proposito.

«Il mio proposito era questo: io diceva che il carattere vero, il senso, lo scopo della Convenzione e di