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che ne abbiamo ben d’onde, fra i mille ed un vizi ond’erano ricchi, possedevano quello di trascurare oltre ogni credere le proprietà fondiarie dai loro avi a suon di colpi di spada e di lancia, o mediante ardite contrattazioni commerciali, acquistate. — Affidatili alle mani pigre e rapaci di agenti ignorantissimi in tutto fuorchè nell’arte di appropriarsi l’altrui, li lasciavano andare in malora, tanto e si bene che alla fin fine in alcuni casi erano quasi più a carico che a vantaggio.

Or dunque il marchese Ridolfi che aveva visto i gentiluomini inglesi, gerenti da per sè i propri fondi, visitarli soventi, abitarli lunghi mesi, sorvegliare le lavorazioni coi propri occhi e introdurre ad ogni ora tutti quei perfezionamenti in fatto di macchine e di metodi che venivano riconosciuti giovevoli, il marchese Ridolfi, diciam noi, si mise ad imitarli dapprima, e a sorpassarli dappoi.

La fama del nostro protagonista come agronomo è troppo nota perchè noi abbiamo bisogno di insistere molto su ciò, tuttavia ci giova ricordare qui che il Ridolfi non si contentò d’essere un agricoltore di primo ordine, ma volle che altri lo divenisse, ed a quest’oggetto promosse la fondazione d’un istituto, alla cui testa si mise egli stesso, il quale divenne il semenzaio da cui sbocciarono molti valenti coltivatori che si sparsero a riformare in parte ed a perfezionare sempre l’arte importantissima dell’agricoltura.

La Toscana intiera è riconoscente al Ridolfi di questa sua iniziativa, la quale ha servito di esempio e di sprone ad altri gentiluomini, i quali senza questo primo passo fatto dal nostro protagonista, non si sarebbero mai messi in una via tanta proficua agli interessi del paese; si può anzi dire, che una nobile gara sia nata in seguito tra i principali proprietari della Toscana e di qualche altra provincia d’Italia limitrofa, nell’occuparsi a far fruttificare quanto meglio puossi le proprie possidenze fondiarie.

L’accademia dei Georgofili nominò il Ridolfi a proprio presidente, dignità che egli ha in seguito sempre conservato. Ma ben presto, la gloria di questa impor-