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rale d’Italia. Elena che era salito alla dignità di grande officiale mauriziano, presentasi al Peruzzi e gli dice: io amico al Rattazzi non posso, non devo, rimanere governatore del suo paese senz’aombrare o lui, o il ministero: se per vostro giudizio non valga a durar negli offici, io mi rincaso nella famiglia. Vaste e belle provincie gli offerì il Peruzzi, ed egli scelse Novara, poi per la salubrità non quale gli bisognava, abbandonolla e accettò Cagliari che quale marittima è più secondo suo nativo e sua salute. Alessandria mal comportò la perdita di tal personaggio e i Capiluogo di circondario e la Provincia e portarongli a Novara segni graziosi della loro riconoscenza. Uno dissentì, e vilmentò lo biasimo, a che l’Elena rispose nulla, lasciando che l’atto si condannasse da chi sapeva come fosse frutto di arroganze frenate per ragioni d’ufficio! Elena questo ebbe in pensiero sino dai primordi suoi che il Governo si limitasse a favorire e fecondare lo spirito illuminato, attivo delle popolazioni, a dare consigli, a spianare difficoltà, rimovere ostacoli al conseguimento del bene, a far nulla o pochissimo di sua iniziativa, e poichè non si può sopprimere l’interferenza degli offici governativi, a renderla mezzo ed aiuto alla prosperità,ma con riserbo: larga ed intatta l’azione dei cittadini. Suo grande studio ecclissarsi, aiutare e non parere onde scaturisca il bene, che forse è promosso da lui, ma altri attua con gran calore, e i più favoriscono perchè esce cosa di pubblico e di tutt’altre persone che di governo. Bello amor proprio dominare amor proprio, e veder nascere, crescere, e diffondersi la civiltà e la prosperità delle genti, moltiplicarsi gli operanti perchè non incontran quell’io che li umilii, e spesse volte distona dai loro ben utili pensamenti. Ma io lodo colui a cui è ben cara la lode, per altro non quella che non esce dalle cose: spirito antico!

Poco si può dire dell’azione sua in Senato perchè non potè frequentarvi, stretto al servizio del suo governo, ma la sua larghezza di libertà attemperata dalla fina prudenza dell’usarla a procurare alle gene razioni venture uomini e cose migliori che le presenti