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Non è forse così che si è realizzata l’intera unificazione d’Italia? Non è così che Roma e Venezia pure, saranno salve e unite per sempre alle altre metropoli sorelle, delle quali divisero un tempo la celebrità?

Ma l’Argentino non era uomo da limitarsi a servire colla penna soltanto la patria; non appena egli seppe che si preparava l’ardita spedizione capitanata da Garibaldi per aiutare la Sicilia a scuotere l’odioso giogo borbonico, che volle farne parte e dopo una navigazione che ognun sa come fosse prospera, riuscì provvidenzialmente a mettere il piede sul suolo siculo dinanzi a Marsala.

Ma non ripeteremo qui la gloriosa maniera colla quale quel pugno di eroi, riusci a penetrare nell’interno dell’isola, sgominando le numerose truppe borboniche, che si azzardavano a contender loro il passo. Quella spedizione fruttò all’Italia quelle due gemme preziosissime, che sono il Napoletano e la Sicilia.

L’Argentino faceva la campagna nella qualità di maggiore del genio, rendendo importanti servigi; dopo la caduta di Messina, egli dette la propria dimissione.

A Napoli alcuni mesi dopo si offriva all’Argentino il posto di capo divisione nel ministero dell’interno, posto che egli rifiutava per potere accettare il mandato di rappresentante al Parlamento nazionale, al quale fu eletto dal collegio di Melfi.

Nella Camera l’Argentino si è unito alla grande maggioranza cavouriana, nella quale ha votato anche dopo che il ministro Ricasoli è salito al potere, restando fedele all’onorevole barone anche dopo la caduta del ministero da esso presieduto, facendo parte in questa guisa di una frazione distinta della maggioranza stessa.

L’Argentino non è di quei deputati che prendano spesso la parola, che si può piuttosto asseverare non averla esso quasi giammai chiesta; ma è però molto laborioso, e presta negli uffici della Camera l’opera sua con molta attività,ed è spesso nominato membro d’importanti commissioni.