Pagina:Calani - Il Parlamento del Regno d'Italia.pdf/121

Da Wikisource.

tutte insomma del caduto regno io amava; e quanto il nuovo governo veniavi sostituendo io prendeva in avversione.»

E qui facciamo sosta un momento, chè l’occasione ci sembra singolarmente propizia onde porre innanzi un’osservazione capitale per l’istoria del nostro paese.

Seguendo le orme di Botta, Papi e compagni, quasi che tutti gli scrittori storici italiani hanno acremente rimproverato a Napoleone I l’istituzione del regno d’Italia, accusandolo d’aver voluto asservire la madrepatria; noi diremo invece che se Italia sta per divenire oggi una e possente ella deve in massima parte ringraziare di tanto il fondatore della dinastia napoleonica e la monarchia da esso stabilita nella penisola e di cui avea scelto a capitale Milano.

Non abbiamo certo d’uopo di svolgere argomenti onde appoggiare questo nostro asserto; ai dì nostri la benda cade dagli occhi ai più ostinati, e si comincia a veder chiaro nelle nostre faccende passate; ma non è egli tempo di render giustizia aperta ed intera alle intenzioni ed ai fatti di quel sommo che iniziò la grand’opera dal di lui nipote e degno successore oggi sì energicamente ajutata?

Ma continuiamo a citar le parole del conte Giovanni:

«Nacque quindi in me ardente una brama d’indipendenza italiana, di libere istituzioni. Questa brama io andava nutrendo e stimolando colla lettura di quanti più libri e giornali francesi mi veniva fatto di procurarmi. E di questi frutti proibiti io facea parte principalmente a coloro che in politica sentivano come io sentiva; e un po’ ne toccava anche agl’indifferenti, e a chi aveva opinioni contrarie alle mie e persino alle autorità civili italiane e alle militari austriache.»

E qui il chiaro autore ne vien dicendo come gli accadesse di stringersi in amicizia col Confalonieri, col Berchet, col Pecchio, con Pellico e Porro, Borsieri, Mompiani, gli Scalvini e gli Ugoni, tutti nomi d’uomini che molto amaron la patria e per essa crudelmente, ma eroicamente soffrirono.

Un viaggio in Isvizzera in compagnia dell’Ugoni, mostrandogli l’ammirabile spettacolo d’un paese libero,