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della domanda era spartana e spartana esser dovea la risposta.

«Il sig. tenente-maresciallo replicò, che quand’anche egli potesse aderite alla domanda in massima, egli non potrebbe mai ordinare una simile distinzione; ch’egli potrebbe solamente comandare lo sgombro dalla città delle truppe indistintamente, ed in caso poi che parte della truppa non volesse abbandonare la città, soffrirlo in pace. Ma l’oratore della deputazione non accettò questo mezzo termine, dichiarando che se si voleva evitare la strage, quella chiara distinzione era indispensabile; che portare al popolo una concessione a mezzo od ambigua avrebbe cagionato la strage per togliere l’ambiguità, o per arrivar al tutto, o a più che tutto; ch’egli era per conseguenza dell’interesse stesso della salvezza della truppa tedesca il non fidarsi di mezzi termini; e che perciò nelle incrollabili esigenze di lui, Avesani, chi ben vedeva doveva ravvisare lo spirito di pace.

«La prima domanda venne finalmente accordata da S. E. il sig. comandante della città e fortezza.

«L’avvocato Avesani chiese dipoi:

«2.° Le truppe partano immediatamente per Trieste e per mare.

«Il tenente-maresciallo conte Zichy rifiutò, adducendo ch’egli non poteva impedire che le truppe andassero a raggiungere i loro corpi, e partissero sotto la protezione dei forti.

«L’avvocato Avesani oppose che al contrario anche i forti dovevano essere abbandonati, e che noi Veneziani non volevamo fare un presente delle truppe respinte da noi ai nostri fratelli delle provincie; nè soffrire che andassero ad ingrossare l’esercito austriaco nel nostro suolo lombardo-veneto.

«Ogni replica del tenente-maresciallo fu troncata colla dichiarazione per parte dell’Avesani che qualsiasi discussione era impossibile e ch’era forza rispondere sì o no alla formula indeclinabile della domanda:

«Accordato.

«L’oratore della deputazione domandò:

«3.° Le Casse tutte restino qui.