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Carlo Alberto, soccorso di cui accelerò l’arrivo mediante lettere di proprio pugno inviate al sovrano di Sardegna, al duca di Savoja, e al generale Ettore di Sonnaz.

Durante il lungo periodo di tempo in cui rimase al sommo del potere in Milano, il nostro protagonista continuò sempre a dar prove le più splendide dell’ardore di patria carità che tutto animavalo. Gli schiamazzi e le intemperanze d’un partito che tanto danno ha recato all’Italia non pervennero a fargli cader l’animo e ad indurlo ad abbandonare il timone dello Stato, in sì difficili e supremi momenti, e sarà dai posteri ritenuto come uno degli atti i più coraggiosi dell’istoria contemporanea quello del Casati quando il 29 maggio, circondato dalla tumultuante orda mazziniana che aveva invaso il palazzo governativo, strappò di mano al congiurato la proclamazione del nuovo governo, che colui preparavasi a leggere, e laceratala ne gettò i brani giù dal balcone.

La moltitudine che ingombrava la piazza del Marino si scosse tutta a quell’atto generoso, che applaudì vivamente, e indi a poco accompagnò il capo del governo fino alla propria casa in mezzo ai più entusiastici evviva.

Tanto è vero che uno slancio di nobile e legittimo ardimento incute rispetto e ammirazione nelle masse popolari fossero queste anche agitate dal più funesto delirio.

Il dì 10 giugno il conte Casati ebbe l’onore di presentare in Garda a re Carlo Alberto i quasi unanimi voti dei Lombardi per l’unione col Piemonte, quindi nel mese successivo recatosi, in Torino per affari di finanza, ebbe ordine dal re di trattenervisi onde formare un nuovo ministero in unione a Giacinto Collegno. Superate immense difficoltà ed opposizioni provenienti anche da persone illustri e che si segnalarono dipoi pel loro italianismo, prestò giuramento come presidente del Consiglio de’ ministri il 27 luglio, dopo conosciuti i disastri di Custoza, e rimase in carica fino al 29 agosto, giorno in cui offrì le proprie dimissioni.