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poi non si eseguì, a me ed ai miei amici di quà non venne fatto di raccogliervi se non una insignificantissima somma.

«In tale tristissimo stato d’affari per noi, e mentre scorati e caduti d’animo, non vedevamo probabilità di riuscita per gran tempo avvenire, giunse D’Azeglio in Piemonte. Ei cercò di conoscere i capi del partito mazziniano — e alloramai quei pochi eravamo capi e coda, generali e soldati — i battaglioni erano in bianco.

«Abboccatosi con noi, addusse sue ragioni a provarci che eravamo sovra una falsa strada; disse che non v’era altro modo che spingere colle vie legali re e governi alla riforma, alle costituzioni, all’acquisto della nazionalità. Ci espose i molti colloqui avuti col re, i continui discorsi di questo, spiranti amor d’Italia e odio mortale all’austriaco: tanto disse, insomma, e tanto fece, che io ed altri, pur non celandogli la diffidenza che gli antecedenti del re c’ispiravano, non niegammo di tentare la nuova via, dichiarandoci però pronti sempre, ove non riuscisse, a ritornare all’antica. Io specialmente accettai risolutamente di operare in quel senso, non celandogli, però, in nulla e per nulla, i miei dubbî, i miei sospetti, le mie diffidenze.

«M’avvenne in quel tempo di dovermi recare in Toscana: ei mi propose di fare una corsa in Romagna per l’oggetto cui accenna il Saffi: assentii. Giunto in Forlì, dove, per non insospettire la polizia, mi feci amatore di quadri (senza però darmi per artista, come dice il Saffi, forse innocentemente e fors’anco per una tal qual velleità di sempre più caricarmi le tinte d’impostore), fui da persona, cui ero indirizzato, condotto la sera ad un’adunanza di buoni e ardenti italiani. Erano tutti uomini energici e d’azione. Ma se alcuni erano coltissimi e largamente illuminati (e fra questi certamente il Saffi), parecchi pure (lo dico schiettamente e prego quegli ottimi uomini di non pigliar ciò in mala parte) mi parvero, colpa dell’idea che tutti li occupava e del paese disgraziato, siffattamente non curanti od ingannati o ignari delle faccende europee, da credere che, mosse Forlì e Faenza,