Pagina:Calani - Il Parlamento del Regno d'Italia.pdf/314

Da Wikisource.

— 200 —

caratterizzano quella beata epoca dell’umana esistenza. Amico più del piacere e del divertimento che del lavoro e dello studio, fornì sempre prove di aver buon cuore e istinti generosi dando a divedere molta cura e pietà per quelli animaletti che sono i primi compagni dei nostri sollazzi, e precipitandosi nell’acque di un fosso profondo onde ritirarne una lavandaja ch’eravi caduta e che stava in procinto di annegarsi. I due suoi primi maestri furono un tal padre Giovanni e un certo Arena, il quale ultimo riuscì a piegare allo studio la mente un po’ indomita del fanciullo col fargli leggere l’istoria romana. Lo spirito avventuroso del nostro eroe si manifestò fin da quei teneri anni nel seguente modo:

Stanco della scuola e mal sofferendo un genere di esistenza sedentario, Giuseppe propose un giorno a taluno de’ suoi compagni di fuggirsene a Genova. Detto fatto! Staccano un battello da pesca, e voga galera verso oriente. Erano di già pervenuti rimpetto a Monaco, quando un corsaro spedito dal padre di Garibaldi catturò il fragile naviglio e ricondusse prigioni alle rispettive case i piccoli fuggitivi. Si fu un abate, dal quale furon visti imbarcarsi, che denunziolli. — Da quell’epoca data forse, ha detto Garibaldi, la mia antipatia per gli abati.

Ma la smania di correre il mondo e di visitare lontane regioni era così grande nell’adolescente, che, malgrado i suoi genitori vi si opponessero quanto il potevano, essendo loro intenzione ch’ei seguisse una carriera quieta e pacifica, facendosi medico, prete od avvocato, persistè tanto e sì bene, che ottenne d’imbarcarsi sul brigantino la Costanza, capitano Angelo Pesante, col quale navigò fino a Odessa. Indi a poco fece col padre un secondo viaggio a Roma, città la quale produsse sulla mente del giovinetto una profonda impressione; quindi continuò a navigare, facendo il cabotaggio, finchè in una serie di viaggi al Levante, durante i quali l’anima intrepida del nostro eroe potè incominciare a famigliarizzarsi col pericolo, essendo stati i navigli che montava più volte assaliti dai pirati, gli accadde di rimanere malato a Costantinopoli.