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Pagina:Calani - Il Parlamento del Regno d'Italia.pdf/331

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cinquanta rimasero sul terreno, duecento cadder prigioni e gli altri vennero posti in fuga o malconci. Garibaldi, un po’ a cavallo, un po’ a piedi si era sempre mostrato là ove più ferveva la mischia, guidando i suoi, incoraggiandoli, elettrizzandoli colla voce e coll’esempio. Da quel momento il nostro eroe si tenne sicuro della sua gente: essa aveva generosamente ricevuto il battesimo del fuoco.

Difatto, di là a pochi mesi la legione italiana trovandosi di gran guardia, s’impegna un combattimento de’ più accaniti tra lei e il nemico intorno al corpo del colonnello montevideino Negra, che la prima voleva ritorre dalle mani del secondo, impadronitosene per sorpresa. Garibaldi, informato dell’avvenimento, non volendo lasciare la salma d’un sì prode ufficiale in potere delle genti ostili, prende seco un centinajo di uomini risoluti, carica il nemico e gli strappa di mano l’onorato cadavere.

Ma i soldati d’Oribe non si ristanno, e ricevuto un rinforzo dei loro, che ne aumenta il numero in modo da renderlo quattro volte superiore a quello degl’italiani, cercano inviluppare questi ultimi e farli tutti prigioni. I nostri compatrioti si stringono intrepidi intorno all’eroico lor condottiere, che con voce ferma li riordina e gl’incoraggia a resistere finchè gli altri legionarî accorrendo, tutto quanto il corpo garibaldino si trova alle prese coll’oste avversa e con irresistibile foga si slancia su questa, la rovescia, la caccia dalle sue posizioni e s’impadronisce di una batteria. Nè perciò il nemico si dà ancora per vinto, ma a sua volta riceve nuovi e poderosi rinforzi, composti di quasi tutte le truppe della guarnigione, e torna in massa alla pugna. Il combattimento si fa allora generale e dura con varie alternative per ben otto ore; costretti dalle soverchianti forze dell’avversario ad abbandonare le posizioni tolte di primo slancio, i nostri continuano sempre la lotta col più gran vigore, in modo da far subire al nemico ragguardevolissime perdite, e da convincersi ormai della propria superiorità sovra lui.

La legione italiana, che in quella fazione ebbe una sessantina d’uomini tra uccisi e feriti, rientrò vinci-


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