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ciali sonosi fatti soldati in questa giornata; Anzani, che era rimasto al Salto, e cui l’inimico intimò l’ordine di arrendersi, rispose colla miccia in mano e il piede sulla santa-barbara della batteria, quantunque il nemico stesso lo assicurasse che noi eravamo tutti quanti morti o prigionieri.

«Abbiamo avuti trenta morti e cinquanta feriti, tutti gli ufficiali sono stati colpiti, meno Scarone, Saccarello primo e Traversi, tutti leggermente.

«Non darei oggi il mio nome di legionario italiano per un mondo d’oro.

«A mezzanotte ci siamo messi in ritirata sul Salto: eravamo appena un cento legionari sani e salvi.

«Coloro che non erano che leggermente feriti marciavano in testa, contenendo il nemico, quando ardiva di soverchio. È un affare che meriterebbe d’essere scolpito in bronzo!

«Addio! vi scriverò più lungamente un’altra volta

«Il vostro Giuseppe Garibaldi


Tali furono le prodezze del nostro protagonista in America, prodezze sulle quali ci siamo piuttosto indugiati perchè, come quelle che rimontano ad un’epoca di già alquanto remota, e che non sono troppo divulgate in Italia, meritavano a nostro avviso una speciale e particolareggiata menzione.

Informato dei moti della nostra penisola, dell’elezione di Pio IX e delle amnistie e promesse di riforme da questi e da altri sovrani nostrali pubblicate, Garibaldi, che se voleva guadagnarsi fama, gloria e scienza militare oltre l’Atlantico, nol faceva che con la speranza che gloria e scienza un giorno ei potesse spendere a prò della sempre amatissima patria, propose ai suoi compagni d’arme di tornare alla terra natia, onde dedicarle le proprie braccia, la propria vita.

Naturalmente tale proposta fu da quei generosi accolta con estremo entusiasmo; ma i mezzi del viaggio mancavano, mentre una domanda diretta al pontefice a nome di tutta la Legione del nostro eroe e dall’Anzani era rimasta senza riscontro, e quei prodi, a cominciare dal capo, mediante la loro stupenda abnegazione, non erano ricchi che di gloria.