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costituzionale del magnanimo Carlo Alberto, e quando il popolo di Reggio raccoglievasi sotto le vòlte del tempio della Vergine della Ghiara, alla presenza del vescovo e dei varî corpi costituiti, e in cui era il fiore della cittadinanza, per celebrare con solenne rogito l’alto medesimo di annessione, furono i primi a sottoscriverlo i membri della sezione governativa. Tale, solenne rogito si conserva nell’archivio comunale di Reggio ad imperituro monumento della ferma volontà dei Reggiani di far parte del regno italiano che l’eroico padre del nostro Vittorio Emmanuele II anelava comporre.

Quantunque dopo l’annessione la provincia di Reggio venisse retta dal regio commissario Pietro Santarosa, non per questo fu concesso al nostro protagonista di ritrarsi dai pubblici affari, mentre lo stesso Santarosa il nominò a membro di una consulta di governo, e il volle continuamente al suo fianco, legandosi con essolui in istrettissima dimestichezza. E quando suonò l’ora fatale in cui il regio commissario ebbe a lasciare la città e ritirarsi in Piemonte, anche Chiesi, gravemente compromesso, dovette dare un addio alla patria ed alla famiglia per riparare in Torino in compagnia del Santarosa. In Torino visse dapprima vita solitaria, ma essendosi di poi costituito un comitato di emigrati modenesi e parmigiani allo scopo di protestare in faccia all’Europa contro l’ingresso di Francesco V nelle provincie del ducato, a violazione del patto di fusione col regno subalpino, il Chiesi accettò di farne parte, e per quest’atto di civile coraggio e di patriotismo fu fatto segno insieme ai propri colleghi alle ire e alla vendetta di Francesco V, che li condannò tutti alla pena dell’esilio, qualificandoli rei di lesa maestà in primo grado.

Rotto l’armistizio Salasco, corse a Parma, e là si fermò sino al giorno in cui il coraggioso commissario regio senatore Plezza tenne le redini del potere in nome del re. Fuggendo da Parma, quando gli Austriaci stavano per rientrarvi, il Chiesi fu arrestato da un corpo di usseri a Culecchio e ricondotto in città, con grave pericolo per lui di essere consegnalo alla vendetta del duca di Modena; ma fortunate combinazioni lo sottrassero a tanta sventura, ed il senatore Plezza