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chese di Torrearsa, siccome agli altri capi dell’insurrezione non rimase altro scampo onde sottrarsi alla persecuzione borbonica, che l’esulare. Il tempo del proprio esilio il marchese di Torrearsa trascorse, circondato dall’affetto filiale di tutta l’emigrazione Sicilia, in Genova, dapprima, indi in Nizza, ove viveva in un modesto ritiro, dal quale non si allontanò che per recarsi l’anno passato in patria, quando questa tornò a spezzare il giogo de’ suoi oppressori.

Dopo aver contribuito a decidere il gabinetto italiano a venire arditamente in aiuto agli insorti siciliani, non appena il generale Garibaldi entrava in Palermo, il marchese di Torrearsa si affrettava pure a rimettervi piede.

Accolto nella capitale colle più vive dimostrazioni di riverenza, ei fu additato dall’opinione pubblica al dittatore, che già si accingeva all’impresa di Milazzo, come l’uomo da porsi alla testa dell’amministrazione dell’isola, quindi avvenne che, nominato segretario di Stato senza portafoglio, il marchese di Torrearsa fosse incaricato della presidenza del consiglio durante l’assenza di Garibaldi. Ma per disgrazia del proprio paese egli non esercitò che breve tempo queste alte funzioni, mentre avendo invano rivolto vivissime istanze all’illustre liberatore perchè fosse convocata un’assemblea costituente onde votare l’annessione al regno d’Italia, impacciato e avversato dal partito alla cui testa era il Crispi, rassegnò le sue dimissioni e ritirossi in Trapani a vivere in seno alla propria famiglia, fino a che il valoroso nostro re entrato in Napoli, egli venne spedito a presentargli omaggio in nome della propria terra natale.

Recatosi Vittorio Emmanuele II a Palermo, il marchese di Torrearsa, benchè vivamente sollecitato, rifiutava ancora di tornare al potere, allorchè, dopo la crisi del 2 gennaio, il marchese di Montezemolo fece un appello diretto e pressante al di lui patriotismo per ricomporre il consiglio di luogotenenza. — Mediante, infatti, l’autorità del proprio nome e lo spirito conciliativo e moderato della sua alta influenza, il marchese di Torrearsa riuscì, come sappiamo, felicemente nell’ardua