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ch’era stato designato per far parte d’un governo provvisorio, ricusò d’accettare verun officio, e quello tra gli altri di governatore della Capitanata.
Presidente del circolo dell’Unione, il Ricciardi credette dover fare ogni sforzo presso il dittatore onde indurlo a convocare un Parlamento napoletano, dal quale doveva esser decretata l’annessione piuttostochè dal plebiscito.
Eletto deputato a voti pressochè unanimi dal collegio di Foggio, l’antico cospiratore venne a sedere sui banchi dell’estrema sinistra nel Parlamento del Regno Italiano.
Il Ricciardi è uno spirito di sua natura irrequieto, e quindi fino a un certo segno incontentabile. Il far opposizione è, secondo noi, per esso un bisogno, una necessità di temperamento; non è quindi da farsegli soverchio carico se il vediamo sorgere così spesso ad interpellare il Ministero e se talvolta, eccitato, o mal disposto fors’anche fisicamente, trascende a proferire delle espressioni poco misurate.
Il porgere del Ricciardi non è privo di eloquenza; ma la sua voce fievole e nasale mal gli consente di far valere i suoi discorsi. A quando a quando il suo cuore, a dispetto della sua testa, lo riconduce sul retto, sul generoso sentiero, e allora lo salutano gli applausi di tutta la Camera.
Il Ricciardi piccolo di statura, magro fino alla macilenza, con gran barba negra e negri capelli, di cui sembra però aver molta cura, ha le tinte brune e giallastre dei biliosi.
Le opere da lui pubblicate e di cui abbiamo ricordate le principali, formano un catalogo di ben quattro pagine di stampa, e un editore di Napoli ne promette una ristampa in dodici grossi volumi.