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228 Donne illustri.


lei. Egli voleva imparentarsi con famiglie che potessero aiutare la sua grandezza. Da prima aspirò alla mano della figlia del conte di Carmagnola, e quando questi fioriva di fortuna e di potenza, si fecero le promesse; ma nel mezzo tempo morendo il Conte, egli, che dalle nozze non si aspettava più quell’utile che in principio aveva sperato, si ritirò dall’impegno. Due anni dopo, per avvantaggiarsi col caldo degli Estensi, sposò Ginevra figliuola di Niccolò, marchese di Ferrara. Ma le sue mogli dovevano finir male. La Ginevra nel 1434 morì di veleno.

Scorsi pochi mesi, sposò Polissena figlia di Francesco Sforza, il futuro signore di Milano. Ma a fine di piacere alla Corte di Roma, del cui favore aveva bisogno ed alla quale era odioso lo Sforza, la rimandò. Allora sposò Isotta. Tutti i figli ch’ella ebbe di lui innanzi e durante i due matrimoni furono legittimati da un breve di Martino V; ed Isotta sedè per più anni pacifica dominatrice della sua patria col suo Sigismondo, fattosi signore di Rimini e di molte altre ricche terre e città. Rimini divenne la sede delle arti e delle lettere. Ma il genio inquieto di Sigismondo non lo lasciò stare contento a quella vita riposata e gloriosa di studi. Egli andò in Asia a combattere, per Venezia, contro i Turchi e vi morì. Isotta, che, assente lui, aveva retto saviamente lo stato, morto che ei fu, riparò nel castello e vi stette alcun mese, continuando il dominio di cui Sigismondo la aveva investita per testamento. Se non che un accordo passato tra lui e Pio II stabiliva che quando egli fosse morto senza aver avuto da lei figli maschi legittimi, Rimini ricadrebbe alla chiesa. Ella per rincalzarsi nello stato, chia-