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lettere 357

CV

Al cardinale nipote Antonio Barberini

Dopo d' aver dette le ragioni che lo indussero a comporre e stampare il Centone, trova il modo di parlare de’ suoi nemici e di domandare e il favore della casa Barberini e sopra a tutto il sussidio stabilitogli dal papa.

          Eminentissimo e reverendissimo signore
               e padrone colendissimo,

Avviso a Vostra Eminenza, come protettore di Francia e della religione di san Domenico, che l’Alvarez spagnolo, mastro del padre generale e del padre Mostro, scrisse de mente divi Thomae, che Dio con eterno decreto, immutabile da lui e da noi, ha predestinato altri alla vita, altri reprobato alla morte, senza rispetto e previsione de’ nostri meriti e demeriti; ed ogni opera nostra è effetto della predestinazione e reprobazione, al qual Dio ci spinge senza poter noi resistere in sensu composito, e sempre è composito e mai non diviso. Talché fa’ bene o male, perché non puoi mutar sorte né il grado della sorte.

Io vedendo — secondo tutti filosofi, dico tutti, e secondo tutti legislatori — che questo decreto toglie la libertá, come pur dicono i padri gesuiti; e che tutti dottori antichi e san Tomaso nega questo decreto immutabile, e Dio sempre dice che se noi mutaremo vita, lui muterá sentenza, e non che se lui fará irrefragajbilmente che noi la mutassemo; e ch’il Capreolo francese, principe di tomisti, dice con san Tomaso che Dio non fa decreto immutabile sopra le cause libere se non dopo la prevision del final amor nostro o final impenitenza, presenti ai suoi per la coesistenza di tutte cause ed effetti, nell’eternitá, e che Dio non può saperle nel decreto perché si tôrrebbe la libertá, né nelle cause libere e contingenti prima che sian