Pagina:Campanella, Tommaso – Poesie, 1938 – BEIC 1778417.djvu/150

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144 scelta di poesie filosofiche


carcere oscuro; e, perché chi sta all’oscuro non vede se stesso, né il luogo dove sta, né quello ch’esso fa, cosí l’anima ignora sé e ’l corpo, e l’opere sue proprie, che fa in lui, ecc.

madrigale 11

Pur, se ’l vario nutrir t’ha fatto porre
la fabbrica in obblio, di’ mò: in che modo
il nutrimento sodo
all’ossa tiri, ad a’ nervi il viscoso,
ed agl’impuri vasi feccia e brodo?
Come odi, e vedi, e pensi, quando a scôrre
ten vai nell’alta torre?
Di’: il respirar, e ’l polso stretto e ondoso?
Come dai al spirto fatica e riposo?

Non può dir l’anima che si scordò della fabbrica del corpo per la fatica del nutrimento, poiché neanche sa dire quello ch’essa fa in nutrire il corpo, e come seguestra il puro dallo impuro, e tira ad ogni membro quel che fa per sua sostanza, né come si respira o si dorme o si vigila. Dunque, ecc.

madrigale 12

Tu non sai quel che fai, ch’altri ti guida,
come al cieco chi vede apre ’l cammino.
Il tuo carcer sí fino
per tu’ avviso e suo gioco il Sir compose.
Libera hai volontá, sol don divino,
per meritar, pigliando scorta fida,
no’ Macon, Cinghi o Amida,
ma chi formò tua stanza e l’altre cose,
e perché prezzi il ben, tra guai ti pose.

Dunque si conchiude che l’anima è guidata d’altri, come il cieco nell’opere sue. E ch’altri gli fabbricò il corpo, e ch’ella è soggetta in tutto, e solo libera di volontá per meritare, se scerrá