Pagina:Campanella, Tommaso – Poesie, 1938 – BEIC 1778417.djvu/302

Da Wikisource.
296 nota


questa lettera dello Sdoppio è del 31 ottobre 16071 ed anche la redazione del De sensu rerum sopra ricordata è ritenuta dal Gentile degli anni 1605-16072.

Resta tuttavia da spiegare quella frase cosí precisa dei «quattordici anni», che è nel corpo stesso della poesia. Il Gentile li spiega retrodatando il periodo della vita di recluso del Campanella, e saldando insieme la prima e la seconda prigionia nelle carceri del S. Uffizio e la terza e piú lunga prigionia nei castelli napoletani. Computando allora non piú dal 1599, ma dal 1591, i «quattordici anni» cadrebbero al 1605.

Il Gentile si appoggia sul v. 9 del madr. 1 di questa stessa canzone («per cui piú volte non mi fulminasti»), che veramente si esprime in una forma troppo vaga per aver peso in una discussione in presenza dell’aritmetica; e sulle conclusioni di un suo precedente scritto (Il primo processo di eresia di T. C., in Arch. stor. per le prov. napol., 1906, fase. IV, p. 623 sgg.)3. In esso il Gentile assoda che il periodo di detenzione del C. in quel primo processo fu all’incirca tra la metá del 1591 e la metá del 1592, e prosegue:

«Che sia stato imprigionato nel 1591 risulta... dagli accenni concordi che a quella sua prima esperienza di carcere il Campanella fa nella lettera allo Scioppio dell’8 luglio 1607... e in quella a monsignor Quarengo».

In questo scritto il Gentile si serve di quei due testi per comprovare l’esattezza della data del 1591; ma nell’annotazione alla canzone va oltre, e pensa di potersi appoggiare ancora ai medesimi testi per attribuire al Campanella l’idea che dal 1591 fosse cominciato per lui un periodo di ininterrotta prigionia.

È quindi necessario in primo luogo rivolgersi ai testi. Le due lettere furono scritte nello stesso giorno, l’una in latino, l’altra in italiano, e alcuni brani di questa non sono che una redazione in italiano di quella. Tale è il caso dei due brani in questione. Il primo si trova nel preambolo della lettera allo Scioppio, che gli aveva rivolto il quesito del modo di salvaguardarsi dal caldo in estate. Il Campanella fa il modesto:

  1. Am. Cast., II, docc., p. 29.
  2. È però un’attribuzione controversa.Am. T. C., II, pp. 371-72 propende per gli anni 1610-1612.
  3. Gent., I, pp. 275-76.