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294 vii. inno ai patriarchi

oppressione de’ loro simili, che fu donata loro gratuitamente dalla natura, madre comune a cui hanno pieno diritto in virtù non solo dell'innocenza loro, ma della medesima esistenza? Che gran bene, che gran felicità, che grandi virtù partorisce questa civiltà della quale vogliamo farli partecipi, della quale ci doliamo che non siano a parte? Siamo noi si felici che dobbiamo compatire allo stato loro, s’è diverso dai nostro? o perchè abbiamo perduta per nostra colpa la felicità destinata a noi nè più nè meno dalla natura, saremo noi così barbari che la vorremo torre anche a quelli che la conservano, e [scacciar] farli partecipi delle nostre conosciute e troppo sperimentale miserie? Che diritto n’abbiamo? E qual cura, qual erinni ci spinge e ci sollecita a scacciare la felicità da tutto il genere umano, a snidarla dagli ultimi suoi recessi, da quei piccoli avanzi del nostro seme, ai quali ell’è ancora concessa: a scancellare insomma per sempre il nome di felicità umana? Non basta alla nostra ragione d’averla perseguitata ed estinta in eterno in così gran parte della stirpe nostra? ec. ec.

(I Missionarii sono occupatissimi presentemente a civilizzare la California. Non vi riescono da gran tempo. Adoprano la forza, e [li] costringono i Californi a radunarsi, non so se ogni giorno, o in certi tali giorni, a Far certe preghiere ec. Alcuni ne tengono presso di loro, e proccurano d’istruirli e civilizzarli. Ma questi dimagrano in breve visibilmente, perdono il colore, l’occhio diviene smorto, ed alla prima occasione rifuggono ai boschi e alle montagne, dove ritornano sani e giocondi. Non credo che abbiano alcuna lingua se non di gesti, o poco più).

Con questa digressione si potrà molto bene conchiudere. Volendo seguitare, si potrà dir di Giuseppe, delle sue avventure ec. Ultimo de’ patriarchi nati pastori, entra finalmente nelle Corti. Finisce la vita pastorale incomincia la cortigiana e cittadinesca nasce la fame dell’oro, la sfrenata e ingiusta ambizione ec. ec. e d’indi in poi la storia dell’uomo è una serie di delitti, e di meritate infelicità.