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DISCORSO PROEMEALE U(VII XVII.

Passando ora a qualche rilievo circa la grafia e interpunzione adottale dal L. quali si possono raccogliere dalle tante correzioni, esitazioni e pentimenti degli autografi e delle stampe, osserviamo anzi tutto che anche in questo campo il nostro A. mutò più volte, ma sempre dopo lunga riflessione e deliberazione, avendo sempre posto nell’ortografia e nella punteggiatura una cura assidua e meticolosa, proporzionata all’importanza che ad esse attribuiva.

Si possono distinguere nei Canti, riguardo all’ortografia, quattro diverse maniere seguite successivamente dall’A.: la prima è rappresentata dagli autografi recanatesi delle canzz. Su Dante e Al Mai e dalle stampe ad essi relative di R e B; la seconda dagli autografi napolitani che servirono alle edizz. di B e B, e dalle relative stampe; la terza dagli autografi dei canti nuovi che entrarono nell ediz. fiorentina del 31 e da essa ediz. la quarta dagli autogr. e altri mss. che servirono alla Starita del ‘35. e da essa ediz. con il suo Errata e con le correzz. a penna posteriormente fattevi dall’A. Nella prima di queste maniere il L., per una singolarità che meglio potrebbe dirsi preziosità, determinata forse da un’eccessiva reazione alla vecchia e goffa maniera ortografica per cui si abbondava esageratamente in iniziali maiuscole, scrisse molti nomi proprii e aggettivi da essi derivati con la minuscola; di guisa che troviamo non senza maraviglia in Ar, R e B, "italia, grecia» e via dicendo. Ma in quest’uso l’A. durò poco; chè già in An e B torna ad usare le maiuscole con una certa abbondanza, non solo in nomi proprii (non però negli aggettivi da essi derivati, quindi «italica, tiberino» ecc), ma anche in certi sostantivi personificati che spesso ricorrono; come abbonda straordinariamente di accenti sulle sillabe toniche di certe parole, per «distinzione dalle omonime, adoperando sempre l’accento a c u t o: e segna di accento g r a v e la cong. causale "chè", la quale prima aveva scritta senza

1 Per le Sigle adoperate in q. Discorso, del pari che nel corredo critico, vedasi la spegazone nell’elenco in fine delle Avvertenze che seguono il Disc..

2 Tra essi quello che ricorre più spessa è Cielo, quasi sempre scritto con la maiuscola; poi Natura, Fato Amore, Gloria ecc.

È osservabile a questo proposito la noticìna apposta dall’A, in An a E pur mèn grava per giusticare l’accento sull’è di "mèn" (p. 124 di q. cdii. i. 2). Secondo questa norma, di distinguere gli omonimi per mezzo dell’accento, il L segnò in An e B di accento molte parole, per alcune delle quali veramente non c’era pericolo di scambiare i significati, come "pósi" (pres. di posare ), "lássa"