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luigi la vista | 357 |
e quello spirito profondamente classico di Andrea Chénier.1
Certo oggi non c’insegnerebbe più nulla, ma è bella per quel tempo quest’altra sentenza: «Delle opere latine del Petrarca si è detto troppo inconsideratamente, che non abbiano nulla di storico, nulla di vivo, che sieno un importuno ritorno al passato... Nelle sue opere latine è gran parte della vita interiore del Petrarca»2. Anzi, un’altra ragione di lode io la vedo in ciò, che io stesso De Sanctis sostenne una sentenza opposta; e gli studi più recenti hanno dato ragione al discepolo, e torto al grande Maestro. Vero è che questi, delle opere latine petrarchesche ebbe sempre scarsa notizia; da ciò il suo errore, un errore di fatto; perchè, quanto al doversi in ogni autore studiare innanzi tutto la vita interna, chi, se non il De Sanctis, lo aveva insegnato, teoricamente e ancor più coll’esempio, al La Vista e a noi tutti?
Ardente, com’egli era, nell’ammirazione verso i grandi, conserva tuttavia la più intera indipendenza di giudizio anche avanti ad essi; e basti a prova il luogo seguente: «Il Manzoni ha tentato di confutare una parte dell’ultimo capitolo del Sismondi, tentativo inutile. Ha sparso e snervato in piccole e slegate osservazioncelle una serie stretta e compatta di osser-