Pagina:Canti di Castelvecchio.djvu/234

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218 note

comuni al parlar toscano, vivo e puro, dei monti: sia perchè sono necessari o almeno utili, pur non essendo toscani. Cito ad esempio, per il primo rispetto, la parola schiampa o stiampa, che un buon romagnolo si periterebbe d’usare, scrivendo o dicendo per il pubblico; e per il secondo, il bellissimo vede svede, che un buon siciliano non oserebbe, credo, tradurre così per gli altri italiani che pure hanno bisogno di tanto breve e chiara espressione.

A ogni modo, ecco una lista di parole che posso supporre ignote a questo o quello de’ miei lettori.

accia. Lino o canapa filata, in matassa.

accoccare. Fermare la gugliata alla cocca del fuso.

accollare. Piegar la vite per legarla.

accorare. " Giungere al cuore „ anche senza l’idea di male, anche senza l’idea del coltello.

Alpe. Le alte montagne.

anta. Imposta d’una porta o finestra.

appietto. Del tutto, a finire, senza scelta.

arsita. Prosciugata.

arzillo. Frizzante. Si dice spesso del vino.

aspro. Reso scabro o ruvido dal sole. Donde asprura, quando l’erba è secca, e vi si scivola su.

astile. Veramente stilo. Manico della vanga.

avvinare. Sciacquare... ma col vino. Non lo fanno i bevitori per pulizia, veramente, ma, come dicono, per far perdere al bicchiere il sapor dell’acqua.

azzeccare. Mordere.

bardella. Un sacco o altro, con paglia o fieno, per servir di riparo alla nuca e al collo sotto il carico.

begetto. Piccolo baco o begio.