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— Che scena, mio caro! Hai avuto torto a non venire.

— A braccetto del Mochi?

— Una consegna in piena regola, al municipio e in chiesa!

— Se fosse vero... Oh quel Mochi!

— Va’! Non c’è fumo senza fuoco.

— Ecco il Prefetto.

Merli e Ratti fecero una scappellata, tirandosi da parte per far la rassegna delle signore che scendevano dalle carrozze.

— Oh Dio! Come farà per uscire dal legno?

Il Regio Procuratore aveva stese le mani a quella grassona di sua moglie che non trovava il verso di lasciarsi andar giù. I ragazzi ridevano. Solo il portinaio rimaneva grave e contegnoso. Ratti lo ammirava; e intanto stringeva il braccio al Merli, per accennargli le maniche della giubba del Ricevitore:

— Ci voleva un’allargatina!

— E quella cravatta messa di traverso!

Merli gli rispondeva con un pizzicotto, per farlo tacere, mentre le signore Rossi zia e nipote, agghindate con pretensione, impettite, salivano le scale impigliandosi ad ogni passo, impacciatissime dalle immense code degli abiti nuovi.

— Scollacciate!... Gli scheletri non hanno pudore! — sentenziava Ratti.

E ad ogni arrivo di gente a piedi, diceva sottovoce la sua:

— Quelli lì, due negozianti di tessuti, avevano intrigato una settimana per ottenere un invito... La moglie del segretario comunale era l’amante d’un assessore... Aveva visto? Quel marito portava in tasca un paio di scarpine per far cambiare alla moglie gli stivaletti inzaccherati... Glieli avrebbe cavati