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I dati aperti (open data) 125

sesso, per familiarità, per condizione genetica rilevante, per occupazione.

È ovvio che il livello di dettaglio necessario perché vi sia un’utilità dei dati dipende dal tipo di analisi che deve essere compiuta e dal fatto che quei dati siano stati raccolti a monte per ciascun individuo o per una porzione significativa della popolazione.

In genere, i dati sono tanto più utili quanto più sono disponibili in forma disaggregata e granulare. Il problema è che spesso i dati disaggregati creano maggiori problemi di tutela dei dati personali (quando ne contengono). La tensione tra queste due istanze è uno dei temi più rilevanti nel dibattito scientifico sugli open data.

Perché offrire dati aperti
La scelta del “se” pubblicare

Abbiamo già detto che per le aziende e i soggetti privati in genere, fornire dati aperti è una scelta inoppugnabile. Solo alcuni soggetti hanno il diritto di pretendere di ottenere tali dati; in genere si tratta di autorità pubbliche, come l’Amministrazione delle finanze o l’ISTAT o le autorità amministrative indipendenti.

Per i soggetti pubblici tale facoltà di non divulgare i dati è molto più limitata. Per alcuni dati, intanto, una forma di pubblicità è imposta. Gli obblighi possono essere di varia natura. I dati reddituali delle persone fisiche sono infatti ad accesso pubblico, anche se ottenerli in forma di dati aperti è impossibile, se non in forma anonima. In altri casi ci sono veri e propri obblighi di fornire i dataset, imposti da normative,