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I dati aperti (open data) 127

vante investimento fatto dal costitutore nella creazione della banca dati. Tale privativa assegna al suo titolare il diritto di proibire la copia e l’estrazione di parti sostanziali della banca dati, ma non l’uso dei dati quale fonte di informazione, se un terzo li ha a disposizione. Ogni operazione di trasformazione delle banche dati comporta solitamente anche una copia degli stessi; anche il semplice agganciarsi a una fonte esterna tramite strumenti di interrogazione (del tipo webservice) messi a disposizione da un terzo, comporta estrazione sistematica. Pertanto se un terzo volesse usare una banca dati di terzi per includerla in un proprio servizio deve di regola ottenere il permesso del titolare.

Il permesso, come sempre, può essere concesso caso per caso (con tutto il sovrappeso burocratico connesso) o una volta per tutte con una licenza pubblica. La licenza pubblica a sua volta può contenere condizioni, modalità, limitazioni. Può insomma essere una licenza “proprietaria”. Ma può più verosimilmente essere una licenza aperta, e allora possiamo parlare, almeno sotto il profilo legale, di “dati aperti”.

Esistono licenze espressamente dedicate ai dati, e sono solitamente licenze dotate di un qualche tipo di copyleft. Una di queste è la IODL1, che nella versione 2.0 ha di molto attenuato il suo copyleft rispetto alla versione 1.0. Pur essendo una licenza tecnicamente ben fatta, io personalmente ho espresso piuttosto chiaramente già dallo studio effettuato con Simone Aliprandi nel progetto freegis.net2 l’opinione che i dati aperti della pubblica amministrazione vadano


  1. https://it.wikipedia.org/wiki/Italian_Open_Data_License.
  2. https://freegis.net/documents/10157/14646/FreeGIS+data+licence+1