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50 Open source, software libero e altre libertà


Il funzionamento è semplice: stesso software, due licenze. La prima è una licenza di software libero. Invado il mercato, distribuisco a costo zero, creo un nome, creo effetti di rete, la gente sviluppa sul mio prodotto, lo faccio diventare appetibile. E lo distribuisco anche sotto licenza proprietaria. Perché uno dovrebbe pagare per qualcosa che già è disponibile gratuitamente? Per avere l’assistenza? Garanzie? Aggiornamenti? No, quello è il modello “subscription” (vedi sotto). Qui stiamo parlando di una licenza proprietaria.

Per far funzionare questo modello, la licenza di software libero deve essere una licenza copyleft. Più forte è il copyleft, più è difficile utilizzarla per un prodotto proprietario. Per cui chi vuole usare il prodotto con una licenza outbound proprietaria deve per forza ottenere un permesso ulteriore, un’eccezione al copyleft.

Il modello ha due debolezze: per quanto forte sia il copyleft, i suoi effetti si dispiegano su ciò che può essere considerato “prodotto derivato”. Dunque occorre che il software incorporante sia inseparabile da quello incorporato, o che sia inefficiente disaccoppiare i due sistemi per renderli indipendenti.

La seconda debolezza è che per avere la possibilità di concedere eccezioni al copyleft, occorre il permesso di tutti i titolari. In uno sviluppo distribuito, è difficile ottenere tale permesso in capo a un solo soggetto, perché difficilmente un terzo investe in un prodotto che altri sfrutteranno. Ma anche così, occorre che chi contribuisce sottoscriva un accordo speciale di assegnazione (“Contribution Assignment Agreement”) in cui si cede il copyright sui contributi, ricevendo in cambio una licenza illimitata. Non una