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60 Open source, software libero e altre libertà

losofia di fondo non cambiano: si tratta di creare uno spazio di condivisione in un mondo in cui il diritto d’autore riserva al titolare tutti i diritti di esclusiva. E si tratta di concedere tanti diritti quanti servono per la fruizione del bene, ma non tanti da consentire – a scelta del titolare – la proprietarizzazione delle opere derivate, dunque creare un copyleft. La principale, anzi, quasi totalitaria forma di licenziamento dei contenuti autorali si condensa in una famiglia di licenze, che prenderemo come paradigma per tutte le altre, che pure esistono: le Creative Commons.

Le Creative Commons: una famiglia di licenze “open”
(ma anche non) per i contenuti creativi

Le Creative Commons sono una famiglia di licenze concepite da un gruppo di giuristi guidati da un professore di Harward, Lawrence Lessig1, precisamente per portare nel campo dei contenuti creativi gli stessi principi del software libero. Lessig ha non solo creato le licenze, ma anche un ente nonprofit2 con lo stesso nome, che si occupa di gestire e creare nuove versioni della licenza nonché di promuoverne la conoscenza e la diffusione.

Attualmente le licenze Creative Commons sono giunte alla versione 4, la prima che comprende espressamente tra i diritti concessi anche quello “sui generis” sui database, di cui parleremo quando ci occuperemo di open data, nonché la prima a non avere differenti versioni nazionali (cioè adattate alle legisla-

  1. https://en.wikipedia.org/wiki/Lawrence_Lessig/.
  2. http://creativecommons.org/.