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standard e open standard, il diavolo nei dettagli 87

an Interoperability Framework1, che in effetti adottò una formulazione quasi accettabile di open standard, e infatti quando si è passati alla versione 22, quella parte è stata rimossa perché contro di essa si sono mossi mari e monti.

Ma chi è intellettualmente onesto non può che rinvenire alcuni tratti fondamentali su cosa definisce uno standard aperto. A partire dal fatto che uno standard aperto è... aperto alla sua adesione da parte di tutti e non crea indebiti vantaggi o posizioni di dominio da parte di qualcuno su qualcun altro. Qui do alcune indicazioni su ciò che uno standard aperto debba rispettare, nella definizione3 che ho contribuito a fissare per la Free Software Foundation Europe.

Uno standard è aperto quando è accessibile

Questa è facile. Lo standard è una norma, la norma deve essere conosciuta per essere osservata. Lo standard deve essere dunque pienamente conoscibile. Per cui deve essere compiutamente documentato. Gli standard non debbono completamente documentare tutto, ma quello che non documentano deve essere facilmente derivabile da altri standard. Anzi, gli standard devono riutilizzare gli altri standard, dove possibile, e non inventare nuovi modi per parti di esso che siano già standardizzate.

Corollario a questo principio è che uno standard aperto non può fare riferimento a un prodotto, un servizio una tecnologia non standard, o peggio, proprietaria. Uno standard che dovesse indicare “fai


  1. http://ec.europa.eu/idabc/en/document/2319/5938.html.
  2. http://ec.europa.eu/isa/documents/isa_annex_ii_eif_en.pd
  3. https://fsfe.org/activities/os/def.en.html.