Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/130

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•che, non lo provando, lo provate piú che se lo provaste; percioché sillogizzate cosi: «Io stesso confesso che le mie opposizioni sono cianze: conosco il lor poco valore: l’ho fatte contra mia voglia: ho scritto all’amico che non le mostri per mie; adunque tutti voi, che le dannate, commendate il giudizio mio; adunque state dalla mia parte; adunque a torto venite in questo parere, ch’io sia un presuntuoso e ignorante». Puttana gatta! O che argomenti son questi? di malva, di mercorella o di che altro? Percioché non hanno né de lo strettivo, né del solutivo: ed io per me non mi sento muovere ad altro che a ridere. Il medesimo sarebbe a dire: «Io sono un tristo; ma conosco le mie tristizie, e l’ho fatte per compiacere all’amico, e non ho caro che siano publicate; adunque senza ragione me ne riprendete». Se questi sillogismi conchiuggono, «barocco» e «barbara» e tutti gli altri suoi pari, son zughi. Ma essi, che sanno cacciar gli argomenti meglio di voi, dicono che, a volere che questi facciano operazione, bisogna che v’arrechiate bocconi e che vi si arrovescino adosso in questo modo. Voi medesimo conoscete che le vostre opposizioni sono ciance: adunque leggiermente l’avete fatte; conoscete il lor poco valore: adunque temerariamente l’opponeste; avete proibito che si mostrino per vostre: adunque malignamente avete proceduto, tirando il sasso ed ascondendo la mano. Dite che l’avete fatte mal volentieri: distinguete se avete pensato di far male o bène; se bene, lo scriver che non si mostrino è debolezza e meschinitá, e forse invidia, privando il mondo de’ frutti della dottrina e del giudizio vostro; se male, distinguete un’altra volta: o dite il vero che l’abbiate fatte contra vostra voglia, o no; se vero, siete incontinente e male abituato nel mal dire; se fingete, siete un’altra volta maligno e soppiattone. Se diceste: «io le chiamo ciance per modestia, ma 1’ ho per vere», avertite che qui giace la lepre: questo voglion dire quelle tali persone che v’hanno per ignorante, percioché, per le ripruove che si son fatte, si vede che son falsissime. Il non saper poi che siano tali è ignoranza; il volerle con tutto ciò difendere è insolenza ed ostinazione; -e l’opporle contra la veritá è calunnia e presunzione. Non è