Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/139

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tristiziuole: sentite poi come sa di riscaldato e d’acetoso insieme; e per gentilezza annasate questa meta di gatta, e contate i cacherelli di sorici che vi sono. Vorrei che mi diceste ora a che vi par buona, perché né polli, né paperi, né porci ne vorranno. Ma sapete quel che ne farei, s’io fossi voi? Una bozzima di tutta insieme; ed intridendone parte con cimatura de’ vostri giribizzi, come di loto della piú fine sapienza che voi abbiate, n’intonicherei il vostro vetro, e con esso lambiccherei il rimanente, tante volte che n’uscisse alla fin qualche cosa. Perché in somma io non n’ ho cavato altro che quel che avete veduto, ed una risoluzion di piú: che voi non sappiate niente di buono, ma che, per parer di sapere assai, con certe vostre alchimie cabalistiche, con certe openioni paradossastiche, con certe allegazioni fantastiche di Tretz, e di cotali altri nomi, da spaventar quelli che ammirano le cose che non sanno, diate loro ad intendere che voi siate un gran savio, un gran dotto ed un grand’uomo in ogni cosa. E credo ancora che ve lo crediate da voi medesimo; cosa ch’io non saprei dire che fosse altro che una gran pazzia ed una gran presunzione, e di quella di terzo pelo; perché non siete nessun di questi, e non vi avedete di non essere, e non volete che sia niuno altro che voi. Il che non so come si stia nel vostro cervello; ma nel mio ed in quello della piú parte degli altri non entra che, dall’un canto, voi presumiate di saper tanto, e di saper anco quel che non seppe Aristotile; e dall’altro, che da tanto sapere e tanti studi voi non abbiate cavato un poco, non dico di quel soprumano che ne cavano gli altri, ma non so che di civile, che vi basti per non uscir dell’uomo; e, peggio, ch’abbiate tolto per impresa di far che i vizi siano virtú, e che ’l falso sia veritá. E in questo proposito potrei dir di gran cose ed abominevoli delle vostre openioni ; ma io vi replico che non voglio entrare ne’ criminali, intendendo che questa mia sia per ora piú tosto una riprensione che una accusa, e solamente di quelle cose che si puniscono col biasimo, non di quelle che si castigano con la pena. Imperò, non uscendo delle lettere umane, mi basta che si sia veduto come la dottrina vostra può esser buona; ché, quando buona fosse, di necessitá ne seguirebbe che la vera fosse falsa, e che