Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/144

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far del rinoceronte e dell’elefante? Voi siete quello che la volete con altri che con le mosche? E dove la fondate? Su quei vostri stracci che mandate a torno, pieni di muffa, di tossico e di fastidio? E con questi modi credete di farvi o venerabile o formidabile alle genti? Non vedete voi, morbuzzo, che le persone v’hanno lasciato trascorrere, per veder quanto si stende questa vostra insolenza? e che siete lasciato stare per ischifezza, per indegno che l’uomo vi guardi, e per vergogna d’impacciarsi coi vostri pari? Ché non vi recaste però in contegno, che vi sia scritto da tanti, per rispondere alle vostre fanfaluche. Io, per me, vi scrivo, non perché vi stimi, ma perché ho compassione di certi cristianelli, che vi tengono da piú che da niente, forse perché v’escono del coderinzo quelle fila cosi sottili, perché vi siete recato da voi stesso in altura, e perché fate i giri de’ vostri labirinti senza compasso. I poveretti non s’aveggono che voi filate vischio, che siete corpo fantastico e che avete la matematica solamente in prospettiva. Ed io, perché vi conoscano tale, ho voluto con questa mia pennuzza tagliar le fila maestre, dove è ordinata la vostra tela. Gli altri poi faranno il restante. A me basta che siate veduto da presso. Voi per vostro scampo operate quel che vi pare. Secondo me. farete gran senno di ritirarvi alla buca, perché gli animaletti come voi siete, quando sono còlti allo scoperto, si schiacciano coi calcagni. Né altro, né altro.

Pasquino

In questo punto, ser Fedocco ancor egli m’ha portato quel suo sogno, citato dal Predella: ve lo mando medesimamente incluso, e vi essorto a compiacerlo dell’interpretazione, poiché costoro dicono che non caverete cosi facilmente il succo de’ suoi misteri, come fate di quelli del Petrarca. Vorrei che lo cacciaste su quella vostra cervelliera di vetro, al sole, e che lo distillaste tutto, come so che farete. Mandatemelo poi quanto prima in una ampolla, turato per modo che non isvapori; perché desidero, con esso in mano, far conoscere a questi zughi di tromba marina, che differenza sia da lambicco a lambicco. State sano un’altra volta.