Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/146

Da Wikisource.

comparir nell’aria un castel di vetro, il quale mi si mostrò nel primo aspetto meraviglioso; e tanto piú, quanto pareva che dentro fosse pieno di pitture, di scolture, di musaici e d’ogni sorte d’ornamenti, e che di fuori rappresentasse il prato e ’l colle tutto, con tutte le sue bellezze. E mirando (come si suol far delle cose nuove) mi vi scòrsi dentro ancor io, ma con un viso di maniera contrafatto, e con le mie ghirlande in mano si mal composte, che ne rimasi dolente e confuso oltre ogni credere. E giá stava per gittar via le ghirlande e me stesso, per modo di dire, quando dal colle ch’io dico, mi vidi venire incontro un drappello di donne, celesti piú tosto che mortali, guidate da un giovine di bellezza e di splendore incomparabile, con due paggi appresso, l’uno de’ quali una lira, l’altro un arco e una faretra dietro gli portavano. Dopo questi, seguitava una schiera d’uomini, tutti venerabili, tutti togati, tutti o coronati -o tessenti corone. Io, cosi brutto come pareva a me stesso, per non esser veduto da loro piú tosto che per non vederli, volsi subito le spalle per andarmene: ma, chiamato da certe voci, che uscirono di quella compagnia, di poi trattenuto dai primi, fui di mano in mano sopraggiunto e circondato da tutti, e da molti anco di loro salutato e umanamente raccolto; ma io, per ischifezza di me stesso e per la vergogna e per la meraviglia, ch’avea di loro, attonito e con gli occhi bassi me ne stava senza far motto. Il che diede occasione a molti di voler sapere, come seppero alla fine da me, la cagione del mio stordimento. Intesa che l’ebbero, ridendosi tutti della mia semplicitá e del parermi esser cosi brutto, il giovine, col drappello piú nobile piú oltre passando, a piè d’una fontana con esso si ristrinse; e, come se gli altri comiato avuto avessero, il resto della schiera e spezialmente alcune donne e certi valletti, che lor ministri mi pareano, meco si rimasero e, per ischerzo piú tosto che per meraviglia, a ruzzare e a far de’ visacci intorno al castello si misero. E fra gli altri una giovinetta assai bella e di piacevol maniera, che mona Baia sentii poi nominare, quasi per burla mi venne appresso e insieme con me vi si vòlse veder dentro, per modo ch’io la vedessi. Il viso che le fece non fu punto men bello del mio; ma, dove