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CORONA
V
Lingua ria, pensier fello, oprar maligno, foli’ ira, amor mal finto, odio coverto: biasmar altrui, quando il tuo fallo è certo, e dar per gemma un vetro, anzi un macigno.
Far di lupo e d’arpia l’agnello e ’l cigno, fuggire e saettar, lodar aperto: chiuso mal dir, gran vanti e picciol merto, e pronto in mano il ferro, in bocca il ghigno.
Dispregiar quei che sono e quei che fòro d’onor piú degni, e solo a te monile far di quanto ha ’l gran Febo ampio tesoro:
furori e frenesie, d’aschio e di bile atra, e sete di sangue, e fame d’oro: queste son le tue doti, anima vile.
vi
Queste son le tue doti, anima vile, degne pur d’altra mitra e d’altro alloro, che non veston le tempie di coloro, ch’ornan d’Apollo e di Gesú l’ovile.
Giá secca aragna, il tuo buio covile n’hai per tomba, e per pompa il tuo lavoro. Giá ne sei qual Perillo entro il suo toro, nel foco di cui fosti ésca e focile.
Giá gufo, abominevole e mortale augurio a chi ti vede ed a chi t’ode: sol di notte apri il gozzo e spieghi l’ale.
Ma, perché il tuo dover non ti si frode, chi mi dá tosco al tuo veleno eguale, di piú lingue aspe e scorpio di piú code?