Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/219

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•ora sforzatamente io adempia quelle dell’amicizia. Demetrio, cordialissimo nostro amico, fedelissimo ministro degli amor nostri, mi costrigne a legarmi con un’altra donna: per questo

10 da te non mi discioglio. L’animo mio sará sempre tuo: il corpo, che tuo piú non può essere, vendo per necessitá dell’amico. Se io son fedele a te, piacciati che non sia ingrato a lui. Ma pochi in questa miseria saranno i miei giorni; questi pochi conténtati ch’io gli spenda a beneficio di un tanto nostro amorevole. E, perché io esca dell’afTanno ch’io sento a non esser teco, a te mi richiama o, potendo, in qualche parte mi consola. Andate, messer Demetrio, e fate di me quel che vi pare, ché io son giá vinto dall’obligo che vi tengo.

Demetrio. Accetto che per l’obligo lo facciate, non potendo persuadercelo per altra via; ma io ve ne gravo per l’utile e contento vostro piú che per mio.

Gisippo. Altro contento non ci arò mai che la satisfazion vostra e la speranza di averne presto a morire.

Demetrio. A questi rischi di morte vi potessi io mettere ogni giorno !

Barbagrigia. Guata rischi che son questi! Costui entra in un mar di felicitá, e lo chiama andar a morire. Questa mi par quella del Giucca, che si mangiò un albarello di noci conze per attossicarsi.

Demetrio. Or, Barbagrigia, non accade che voi diciate questa mala contentezza a madonna Argentina: egli è disposto fino a ora tanto che basta. Andate a darle la parola e donatele questo gioiello da parte sua; e questa sera le metteremo l’anello.

Barbagrigia. Altro ch’anello bisogna metterle. Voglio che gli facciamo incarnar questa sera medesima.

Demetrio. Fate che la vedova sia a ordine, ché li farò fare ogni cosa.

Barbagrigia. Le donne sono a ordine sempre. Or io dico

11 prò, e voglio ire a dirlo ancora a lei.

Satiro. Non giá prima di me, ché la mancia voglio io. Io la veggio alla finestra con la serva.