Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/255

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Satiro. Io vi dico che Giuletta è viva, e che da lei vi son mandate.

Gisippo. O è sogno questo ch’io odo, o fu sogno quello ch’io vidi. O Dio! da quanti diversi accidenti è combattuto in un tempo l’animo mio! Ardo, tremo, mi maraviglio, non credo, m’allegro, mi contristo, mi vergogno. Satiro, noi la vedemmo pur morire. E se mori, com’è resuscitata? E se non è morta, chi fu quella che vedemmo morire?

Satiro. Ella m’ha detto che a stare in poppa misero lei; ma nell’atto del morire, fu messa un’altra in suo scambio, e che quelle fuste furono prese poi dalle galere del papa. Basta che, dopo molti accidenti, sotto il nome di Agatina si trova qui schiava per forza del fattor di madonna Argentina.

Demetrio. E come ha notizia di lui, se si ha mutato il nome ancor esso?

Satiro. Il gioiello, che avete mandato a madonna Argentina, me n’ha dato indicio: dipoi ha veduto me, ed io l’ho chiarita del tutto.

Gisippo. O Giuletta mia!

Demetrio. Dove andate voi?

Gisippo. A vederla.

Demetrio. Adagio. Voi non pensate la inimicizia che avemo col cavaliero.

Gisippo. Pensateci voi, che mi ci avete messo.

Demetrio. Io vi ci ho messo per bene, e ’l buon consiglio non si conosce all’avvenimento, e non ha la medesima origine. A me pare di avervi ben consigliato, e che voi abbiate mal proposto. Se mi dite che Giuletta è morta, ho io dunque a pensar che risusciti?

Gisippo. Or questo non importa: pensate al rimedio, ch’io non posso pensare ad altri che a lei.

Demetrio. Il rimedio ci ha dato la fortuna per se medesima, per distornare il parentato: poiché in un medesimo tempo s’è ritrovata la vostra donna e ’l marito di madonna Argentina. E in questa parte la cosa caminera co’ suoi piedi. Bisogna ora che ci guardiamo dalla inimicizia del cavaliero e