Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/291

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di esser solo fra tutti gli uomini sano e lieto in tua vecchiaia. — Cosi dicendo, questo fanciullo saltò fra le mortelle come un lusignuolo, e, rampicandosi per le frondi, di un ramo in un altro si trovò in cima in un baleno. Allora gli vidi io con questi occhi l’ali in su gli omeri, gli vidi l’arco tra gli omeri e l’ali, vidigli al fianco la faretra, e poscia non vidi piú né queste cose né lui. Ora, s’io non ho messi questi canuti invano, se invecchiando d’anni non sono ringiovinito di senno, voi siete innamorati, ed Amore ha cura di voi. — Erano stati i giovinetti con gran piacere ad ascoltare la favola di Fileta, che favola tenevano che fosse piú tosto che cosa avvenuta; ma, poscia che egli si tacque, gli dimandarono: — Che cosa è egli quest’Amore, Fileta.’’ è egli un fanciullo oppur un uccello? e che potenza è la sua? Onde Fileta di nuovo soggiunse: — Amore è dio, figliuoli miei, giovine, e dilettasi della gioventú: bello, e séguita la bellezza; alato, ed impenna i cori de’ suoi seguaci; la sua potenza è tanta, che Giove non può piú di lui. Egli comanda agli elementi, comanda alle stelle, comanda agli dèi simili a lui, piú che voi non comandate alle vostre pecore ed alle vostre capre. I fiori sono opera sua, le piante sono sua fabbrica, gli animali e tutte le cose che nascono sono sua fattura: per lui corrono i fiumi, per lui spirano i venti, per lui girano i cieli, ed ogni cosa è piena della sua divinitá. Io ho veduto un toro innamorato mugghiar piú forte che se fosse trafitto dall’assillo; ho veduto ufi becco invaghito di una capra, e non si spiccar mai da lei dovunque l’andava. Io, quand’ero giovine ed innamorato d’Amarilli, non mi ricordavo di mangiare, non mi curavo di bere, non potevo dormire, mi doleva l’anima, mi tremava il core, mi si agghiacciava il corpo, gridavo come un tormentato, tacevo come un morto, mi gittavo ne’ fiumi come avvampato, chiamavo Pane in soccorso, percioché amava anch’esso la Piti, benedicevo Eco, perché mi replicava il nome d’Amarilli, rompevo le sampogne, perché mi conducevano le vacche e non avevano forza di condurmi Amarilli; percioché contra Amor nulla vale: non medicine, non malie, non incanti; insomma son vani tutti altri rimedi che non siano o baciarsi od abbracciarsi, o coricarsi