Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/317

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proprio. Costui teneva a sua posta una cotal fanciulla, avvezza in cittade, il cui nome era Licenia, giovine vistosa, scaltrita ed avvenente assai piú che a contadinanza non si richiedeva. Avea costei piú volte adocchiato il garzonetto, percioché, e la mattina cacciando a pascere e la sera tornando, sempre davanti all’uscio le passava; e, piacendole il pelo, s’invaghi di lui si fattamente, che si dispose, potendo, goder del suo amore. E, per adescarlo, gli avea piú volte parlato, quando soletto s’era abbattuta a vederlo, e donatogli quando una sampogna, quando un favo di mèle e quando una pelle di cervo; ma di scoprirgli il suo desiderio ancora non s’arrischiava, come quella che s’avvedeva ch’egli era innamorato della Cloe e lo vedea con esso lei molto alle strette. Questo loro amore credeva ella per prima per gli andamenti, per gli cenni e per lo ridere, che vedea lor fare; ma questo giorno che ignudi lotteggiarono, vedendoli, ne ebbe piena certezza. Percioché facendo sembiante con Cromi di voler visitare una sua vicina di parto, tenne lor dietro; ed, appiattandosi appo una macchia di pruni per non esser veduta, udi tutto che dicevano, vidde tutto che facevano, infino al pianto e rammarichio di Dafni; e, secondo che le dettò la compassione di loro e ’l suo desiderio, prese la doppia occasione di procurar parte la lor salute, e parte d’adempir la sua voglia; ed a dover ciò fare usò questa astuzia. Ella finse il giorno di poi di visitare quella sua vicina altresí, e, palesemente venendosene alla quercia dove l’amorosa coppia si sedeva, ansando e come tutta affannata: — Soccorrimi, Dafni — cominciò di lontano a gridare, — che l’aquila m’ha rapita un’oca, di venti che io n’avevo, la piú bella, la piú grassa e la migliore; e, per il soverchio peso non la potendo condurre in su quel cucuzzolo del monte, come suol far dell’altre prede, s’è gittata con essa a’ piè di questa selvetta. Scampamela, Dafni, te ne prego per le ninfe e per questo Pane, se cosi ti scampino questa greggia dal lupo. Deh! si, Dafni, vien’ meco fin nella selva, ch’io non m’affido d’entrarvi sola. Io te ne prego, non tanto per lo scemo novero del mio branco, quanto perché non scemi del vostro; percioché, se ti venisse fatto d’uccider l’aquila, libereresti ancora gli agnelli ed i capretti vostri