Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/331

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RAGIONAMENTO QUARTO

In questo tempo, venendo di Metellino un certo servo compagno di Lamone, portò nuova che ’l padrone, pochi giorni avanti la vendemmia, visiterebbe la villa, per rifornirla, se in cosa alcuna, per il guasto de’ metinnesi, di peggio la trovasse. Era di giá passata la state, e cominciava l’autunno; perché Lamone, di corto aspettandolo, si diede ad assettar le stanze e tutto il podere, si che, quando venisse, di ciò ch’egli vedea diletto prendesse. Purgò le fontane, perché Tacque fossero limpide; sgombrò lo stabbio della corte, perché lo puzzo non lo noiasse; coltivò tutto il giardino, perché vago, dovunque guardava, gli si porgesse. Era questo suo giardino, ad uso de’ regali, bellissimo e dilettoso; d’una lunghezza di braccia [trecento] e di larghezza di [dugento]. Di sito posto sopra un poggio elevato ed arioso, ed esso per lo lungo a modo d’un gran piano si distendeva. Era tutto d’alberi pieno, di mela, di mortelle, di pera, di granati, di fichi, d’olivi, e di altri di questa fatta. Avea dall’un delli lati un albereto, ed a ciascun albero una vite altamente maritata si distendeva sopra le piante delle mela e delle pera, dove maturando l’uve con essi i pomi contendevano, e questi tutti erano domestici. Eranvi poi de’ cipressi, degli allori, de’ platani, de’ pini, e sopra ciascuno di essi invece di vite un’ellera s’abbarbicava, la quale con molte pannocchie di corimbi, a gara con l’uve negreggiando, pareva che i maturi grappoli contraffacesse. Nel mezzo dunque venivano a star le piante fruttifere, e di fuori le non fruttifere come un serraglio l’attorniavano, ed ancora intorno a queste una picciola siepe correva. Aveano questi alberi i lor pedali tutti spartiti, e lontano l’uno dall’altro; ma nell’alto i rami si toccavano e s’inframmettevano insieme, insertando le chiome talmente, ch’avvenga